lunedì 19 ottobre 2020

 17 Ottobre 1961, Parigi.

Il Fronte di Liberazione Nazionale Algerino convoca una giornata di mobilitazione a Parigi, contando sulle decine di migliaia di operai che vivono ammassati nelle banlieues. Operai che sono la forza viva delle catene di montaggio, delle grandi fabbriche fordiste, e che esprimono anche identità di classe e anticoloniale. La Francia colonialista è sempre stata feroce, sanguinaria, e non sopporta una simile sfida nella sua capitale. La repressione è un atto di guerra interna: scatenate le orde in divisa, circa 200 manifestanti vengono bastonati, linciati e..gettati nella Senna. Un pogrom coloniale nel cuore della metropoli. Ancora settimane dopo verranno raccolti cadaveri a km di distanza lungo il fiume. Siccome erano principalmente algerini, venne alzato un muro di omertà e di isterismo antiterrorista, solo negli ultimi anni un governo francese riconobbe il crimine (per quello che contano certe parole..) E l’omertà del mondo politico borghese ben si spiega con lo schieramento unanime in difesa della “missione civilizzatrice del colonialismo”, con la tracotante pretesa di proprietà sui popoli africani, asiatici. Solo i comunisti (quelli coerenti, non certo tutto il PCF che si macchiò di complicità con il colonialismo) fecero fronte con le lotte dei popoli dominati, pagando spesso con la vita e con la propria criminalizzazione.

Ma ancora un fatto merita di essere ricordato. A capo della Prefettura di Parigi stava Maurice Papon.
Il classico alto funzionario dal passato fascista, bellamente riciclato nel nuovo regime “democratico”. Passato che non era semplice adesione ideologica, Papon era stato Prefetto alla città di Bordeaux, in piena guerra. E, in quanto tale, appose la sua firma ad alcuni convogli della morte verso i lager nazisti. In seguito alle ricerche compiute fu, molto tardivamente (anni 90), accertato che era corresponsabile delle retate e della deportazione di almeno 1.800 persone (resistenti, ebrei, fra cui centinaia di bambini). Ma com’era possibile che simili criminali la scampassero e si riciclassero così spudoratamente? Continuando a perpetrare lo stesso genere di crimini? La risposta la si può trovare proprio in un altro grande personaggio, mito delle democrazia borghese: Francois Mitterand. Grande illuminista, umanista, ecc. capace di manovrare politicamente per integrare anche le spinte più radicali (sua l’opera di recupero di buona parte dei “sessantottini” e delle loro istanze di rinnovamento) ma entro una coerente visione dello Stato borghese e imperialista: Mitterand fu ministro dell’Interno e pure di Giustizia lungo tutta la guerra d’ Algeria. Cioè gestì, coprì legalmente, contrassegnò, quotidianamente, le migliaia di torture e di esecuzioni lì perpetrate. Nell’entourage di Mitterand emerse poi anche un altro personaggio di continuità fra i due regimi - René Bousquet, un altro boia filonazista – e più in generale, appunto, l’osmosi e l’organico ricambio fra esponenti di potere che, pur in una discontinuità storica, si riconoscevano nello stesso sistema, e innanzitutto nelle esigenze controrivoluzionarie.
Naturalmente non è una specificità francese, sappiamo quanto qui in Italia non ci sia stata epurazione antifascista ma ben il contrario, e che un macellaio genocida dei popoli africani come il generalissimo Rodolfo Graziani sia vissuto beatamente nella sua villa.
Quando le verità su Papon emersero in modo ingestibile, la giustizia borghese diede gran prova di sé. I profluvi di indignazione degli ipocriti giornalisti e politicanti produssero una condanna (udite, udite) per “crimini contro l’umanità”. Il peggior reato immaginabile e sanzionabile. Risultato: 10 anni di condanna, di cui 3 scontati in carcere (si fa per dire). Anime pie si commossero per un povero novantenne in catene, e il Papon se ne uscì per qualche altro annetto arzillo.
Spesso negli ultimi anni la commemorazione del 17 ottobre 1961 viene associata, dal movimento di classe, alle attuali lotte antimperialiste, quella palestinese in particolare. E per la liberazione di uno suoi più eminenti esponenti, Georges Abdallah, prigioniero in Francia da 36 anni. Nei prossimi giorni ci sarà la grande manifestazione davanti al carcere di Lannemezan, in occasione dell’anniversario del suo arresto il 24 ottobre 1984. Ancora oggi la sua coerenza e fierezza rappresentano la lotta armata rivoluzionaria dei popoli contro il domino imperialista e la sua violenza terrorista.
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