Domenica 28 aprile si è tenuto il
presidio convocato davanti al carcere de L’Aquila. Un centinaio di
compagne/i si sono mossi da diverse città, talvolta con tragitti
lunghi e scomodi (la città è un’enclave fra gli Apennini
abruzzesi). Ma proprio chi veniva da lontano era anche fortemente
motivato poiché le tre compagne qui incarcerate recentemente
provengono da Torino e Trento. Silvia Ruggeri e Agnese Trentin fan
parte delle due ultime retate repressive, quelle che a partire dal 7
febbraio, e insieme allo sgombero dell’Asilo occupato di Torino,
hanno segnato questa fase sia di escalation militarizzante del potere
sia di una nuova determinazione di lotta che ha attraversato il
movimento e alcuni settori proletari. Finalmente si vedono spunti di
nuova e più diffusa combattività, di risposta all’opprimente
ondata reazionaria che intossica tanti ambiti sociali. E che tutto
ciò sia partito dall’attacco all’Asilo non è un caso, perché
attorno ad esso, negli anni, si era costruita una realtà di
resistenza e solidarietà nei quartieri circostanti. Perché creava
aggregazione e comunità contro i poteri, centrali e locali, che
all’opposto diffondono disgregazione e disperazione sociali. Quello
che nelle politiche urbanistiche si concretizza nei piani di
espulsione dei proletari e gentrificazione.
Così è molto significativo che le
imputazioni contro le/i compagne/i traducano in associazione
sovversiva e terrorismo lotte e militanza solidale a fianco dei
settori proletari più sfruttati e oppressi e contro le strutture
militari loro indirizzate, come i CPR. Lottare, attaccare queste
strutture diventa un crimine. Impoverire, sfruttare popolazioni
intere, deportare, affogare migranti, invece, lo chiamano “gestione
dei flussi migratori”, o ancor più cinicamente “cooperazione
internazionale”. Il rovesciamento della realtà non ha più
limiti, una classe dominante semplicemente criminale e terrorista
bolla con tali epiteti chi resiste e lotta, magari per la
rivoluzione sociale. I nazisti hanno fatto scuola.
Il fatto è che la loro repressione,
diventata forma di governo rispetto ad una realtà sociale sempre più
insopportabile per tanta gente, si assimila ad una forma di guerra
interna, seppur di bassa intensità. Ma è ciò che loro stessi ,
ogni tanto, dicono. Come il questore di Torino durante gli scontri di
febbraio (per non parlare dell’energumeno del Viminale e delle sue
continue istigazioni alla violenza di Stato), oppure come dice e fa
il governo francese di fronte al grande movimento di massa in corso.
E così la forma di carcerazione inflitta a Silvia, Agnese ed Anna ne
è un ulteriore salto di qualità: Alta Sicurezza aggravata,
informata dal regime 41bis. È
grave per le prime due compagne, appena arrestate, e lo è anche per
Anna Beniamino che è stata appena condannata a ben 17 anni. Ed è
ancor più grave il trattamento perpetuato ai danni di Nadia Lioce
che da 15 anni resiste al 41bis.
Per tutti questi (ed altri) motivi ci
siamo mobilitati. E contemporaneamente altri due presidi si son
tenuti a Tolmezzo e Ferrara, dove sono stati incarcerati altri 7
compagni anarchici, sempre per le stesse retate. La solidarietà con
chi viene incarcerato è non solo un dovere, ma una vera e propria
linea di fronte dell’attuale guerra di classe. Non solidarizzarsi
con i/le nostri/e prigioniere, del campo proletario, significa
accettare la sconfitta del movimento. Le differenze politiche,
ideologiche e di pratiche di lotta sono comunque interne al nostro
campo. E sicuramente le pratiche di lotta rivoluzionaria. La
repressione è ormai aspetto inerente a qualsiasi lotta di classe,
bisogna affrontarla collettivamente, facendone un’occasione di
crescita e maturazione per noi stessi. Le barricate han solo due
lati!
Nei vari interventi è stato anche
sottolineato il rapporto fra questa militarizzazione interna con
quella esterna, con l’impegno imperialista italiano in tante
aggressioni “umanitarie” nel mondo. La
guerra che loro conducono è contro il proletariato internazionale,
fatta dei mille modi con cui occupano, sfruttano, deportano e
bombardano. Perciò, ancor più, la nostra dimensione è
internazionalista: la resistenza dei/lle nostri/e militanti nelle
carceri è in rapporto con quelle in Turchia, Kurdistan, Palestina,
India, Irlanda, Grecia,USA … è in rapporto con le lotte
rivoluzionarie e di liberazione nel mondo.
Il compagno “vento favorevole”
avrà portato al di là delle mura, si spera, queste voci.
Nonostante le orribili chiusure in plastica oltre le sbarre, a
privare le compagne della vista di un orizzonte, abbiamo colto
l’agitarsi di qualche straccio a mò di bandiera, e tanto ci
basta.
OLTRE LE MURA LA LOTTA CONTINUA –
SOLIDARIETA’ ALLE/AI PRIGIONIERE/I DELLA GUERRA DI CLASSE
FRONTE PROLETARIO E
INTERNAZIONALISMO PER LA RIVOLUZIONE
Proletari Torinesi
per il Soccorso Rosso Internazionale
Collettivo contro la repressione per il Soccorso Rosso Iternazionale
Collettivo contro la repressione per il Soccorso Rosso Iternazionale
primo maggio 2019