Un recente incontro fra militanti
toscani e torinesi ha avanzato una proposta di mobilitazione contro
la NATO, in occasione della prevista autocelebrazione presso la
famigerata base di Camp Darby a Pisa. Celebrazione fissata ai primi
di aprile.
Una proposta da sostenere e
rafforzare. Motivi validi contro la NATO ce ne sono sempre. Non
occorre ricordare cosa sia e cosa significhi questo mostro militare
finalizzato all’occupazione e al controllo di tutto il mondo. La
sua strategia poi si è sempre dispiegata su più livelli: gli
interventi diretti sono anticipati, sostenuti e prolungati da ogni
sorta di intromissione politico-militare in ogni Paese. In Italia
conosciamo bene le trame occulte e le reti “clandestine” –
Gladio fra tutte – che hanno operato e operano in senso
terroristico controrivoluzionario.
Oggi la linea di fronte più
importante su cui si sviluppa l’aggressione della NATO va dall’area
mediterraneo-mediorientale alle frontiere russe e cinesi. Non
trascurando l’Africa. L’Italia, in quanto autentica portaerei e
sede di alcune strutture di rilievo mondiale – oltre alla base di
Camp Darby, quelle di Aviano, di Niscemi e altre – è al centro di
questa struttura guerrafondaia. In particolare oggi la NATO è
protagonista del caos in varie aree geopolitiche (Libia, Siria,
Donbass), e del tentativo di distruggere l’esperienza
rivoluzionaria in corso nel Rojava. La Turchia infatti agisce anche
in quanto esercito tra i più potenti nei ranghi della NATO.
Tali questioni, molto ampie,
costituiscono nodi politici che tengono in sé elementi
contraddittori su cui, da tempo, la sinistra di classe riesce a
dividersi e disaggregarsi, pur condividendo la fondamentale base
ideologica dell’antimperialismo. Non ci si può nascondere questa
realtà e le difficoltà che ne derivano. Ma prendere l’iniziativa,
proporre mobilitazione, significa comunque rimettere in discussione
le posizioni, cercare un avanzamento. Detto in sintesi: cercare una
linea di unità, anche solo tattica, delimitando all’essenziale i
punti discriminanti.
Quali? Fondamentale è la
demarcazione rispetto alla finta sinistra, quella che, riformista
nelle intenzioni, è stata più volte compartecipe, anche a livello
governativo, delle politiche e del sistema imperialista. Capace ogni
tanto di sussulti d’indignazione contro alcuni eccessi di questi
ultimi, ma comunque prigioniera dell’imbelle ideologia pacifista
che condanna proletariato e popoli oppressi all’eterna
sottomissione.
E già qui, una tale linea di
demarcazione ne lascia fuori di gente!
Importante è appunto definire
questa base comune di fronte: antimperialismo e anticapitalismo sono
ormai indissociabili. L’imperialismo non è solo guerra, invasione,
dominio, ma è proprio la forma epocale del capitalismo. Lo è
strettamente in quanto esigenza e forma dell’economia capitalistica
(da un certo livello di concentrazione e potenza, ovviamente).
Per cui è chiaro che il nostro
appello va innanzitutto a chi, pur in forme e con concezioni diverse
(fra tendenze comuniste, anarchiche, o anche senza particolare
collocazione politica, di movimento), pone come fondamentale la
rottura netta rispetto al sistema imperialista. E quindi rottura
rispetto alle subalternità istituzionali, elettorali. Cosi
prospettando chiaramente l’esigenza di un’opposizione da
costruire sul terreno della lotta di classe, tendenzialmente
rivoluzionaria e internazionalista.
Delimitazione comunque, ci sembra,
assai vasta. Che può comprendere varie componenti, posizioni e
differenze, fra le quali sviluppare appunto uno sforzo unitario: fare
fronte.
Questo richiede una correttezza di
fondo. Per quanto critici si possa essere verso altre posizioni
antimperialiste, si dovrebbe considerare il continuo movimento
storico che, spesso, impone cambiamenti e novità, difficili da
assumere per le posizioni dogmatiche. Con le differenti posizioni ci
si deve relazionare dentro un fronte, in cui le diverse valutazioni e
posizionamenti tattici rispetto alle forze in campo negli scontri in
corso, dovrebbero comunque attenersi a una certa prudenza e modestia.
Ponendosi in modo costruttivo sia rispetto alle forze antimperialiste
in guerra, sia sul fronte interno, per sviluppare un sostegno
internazionalista radicato ed efficace.
Insomma pensiamo che l’unica,
fondamentale discriminante da tenere saldamente sia rispetto alla
“sinistra” istituzionale, riformista e organica all’imperialismo.
Mentre va aperto uno spazio ampio di aggregazione e confronto, nella
mobilitazione concreta, alla sinistra proletaria e internazionalista.
La manifestazione di aprile può
essere un passaggio importante di un percorso futuro.
Queste sono giusto alcune idee
iniziali emerse da una prima presa di contatti, mentre si prospetta
una riunione nazionale a febbraio. Quindi, avanziamo proposte e
testi.